Dallara Stradale: analisi tecnica

“Form follows function” scriveva l’architetto statunitense Luis Sullivan in un famoso trattato del diciannovesimo secolo: siamo convinti che la Stradale sia ad oggi il più chiaro esempio automobilistico di questa teoria. Ogni forma, ogni componente di quest’auto risponde a una o più funzioni e per questo motivo, contrariamente a quanto si fa di solito nell’industria automotive, i bozzetti di stile sono stati sviluppati parallelamente alla modellazione matematica delle superfici, anticipando di molto, nella timeline del progetto, lo studio dell’aerodinamica. E’ già trascorso un anno da quando la prima Stradale è uscita dallo stabilimento produttivo e noi siamo tornati in quello storico edificio situato a Varano de’ Melegari, per raccontarvi tutti i contenuti e la tecnica che si celano dietro a questo interessante progetto.


STRADA E PISTA MAI COSI’ VICINE

Solo 855 kg di peso a secco e fino a 2G di accelerazione laterale con pneumatici stradali sono solo alcuni dei numeri impressionanti che troviamo nella specifica tecnica. Non sono previste le portiere, perché renderebbero più pesante e flessibile la scocca, mentre il parabrezza e il tetto sono disponibili soltanto su richiesta. Il sedile è ricavato direttamente nella vasca di carbonio e la regolazione della posizione di guida avviene soltanto tramite la pedaliera e il volante. Semplice, leggera, efficace, la Stradale riprende i concetti tanto cari al genio di Colin Chapman, fondatore della Lotus, personaggio che è sempre stato fonte di grande ispirazione per l’ing. Dallara. Sono tantissimi anche gli spunti presi dal mondo delle competizioni e in particolar modo dalle vetture sport prototipo, categorie in cui Dallara da anni è uno dei costruttori leader a livello mondiale, come l’IMSA americano, il mondiale Endurance WEC o la European Le Mans Series. Le linee guida che hanno ispirato questo progetto, condotto da un team di venti ingegneri, sono tre: la configurazione del motore quattro cilindri centrale e trasversale, la performance aerodinamica e l’utilizzo di una scocca in materiale composito. Ma il primo input lo ha dettato proprio l’ing. Giampaolo Dallara, fondatore e presidente dell’omonima azienda, e non si tratta di un dato tecnico, ma di un sogno: creare una vettura che esaltasse al massimo il piacere di guida, in strada come in pista.


PROCESSO PRODUTTIVO

  

Abbiamo visitato la linea di assemblaggio, dove le vetture vedono la luce al termine di un processo di allestimento e di collaudo molto meticoloso, accompagnati da Elena Leoni, marketing specialist e dal responsabile tecnico ing. Guarnaccia, che ci ha svelato tutte le soluzioni tecniche che hanno reso speciale quest’auto. Si tratta di una linea semplice ma molto razionale, che attualmente è utilizzata per una produzione media di circa due vetture a settimana, ma il cui numero presto arriverà a cinque, in condizioni di regime. Il processo di produzione inizia con l’arrivo della monoscocca, realizzata da Dallara Compositi (ex Camattini Meccanica e acquisita da Dallara nel 2014), braccio produttivo per i componenti in carbonio, la quale vanta più di 30 anni di esperienza nella ingegnerizzazione di componenti in composito per il motorsport. Nella prima stazione vengono installati i telaietti in alluminio anteriori e posteriori e tutte le rimanenti parti non strutturali della scocca. Nella seconda stazione avvengono i cablaggi elettrici e i completamenti elettronici.

  

L’installazione del motore e del cambio vengono eseguiti nella terza stazione, dove si controlla anche il funzionamento delle centraline, una volta collegate al powertrain. Nella quarta stazione si completa invece la parte relativa alle sospensioni e viene registrato l’assetto, in termini di altezze e angoli ruota. Infine, la quinta e ultima stazione è dedicata al montaggio della carrozzeria, nonché alle finizioni interne ed esterne. Le cinque stazioni sono alimentate ai due lati dalle isole di assemblaggio secondarie, dove vengono composti i sotto-assiemi, come per esempio il piantone dello sterzo, la pedaliera o i componenti ausiliari del motore. Al termine del processo, avviene il collaudo di tutte le vetture, che prevede una procedura composta da una serie di test dinamici e da una manciata di giri sul circuito di Varano per la delibera finale. Le auto che rientrano dal collaudo sono indirizzate a un’area di re-work, nel caso in cui vi fosse qualche ulteriore aggiustamento da fare, prima del lavaggio e della lucidatura, in attesa della consegna al cliente.


CHASSIS

La Dallara Stradale messa a nudo: sono ben visibili i due componenti laterali del telaio, i quali, oltre a fungere da assorbimento per il crash laterale, alloggiano i due condotti dell’aria di raffreddamento (su entrambi i lati)

La parte strutturale della monoscocca è costituita da un vascone in materiale composito con fibra di carbonio, completato da due elementi incollati, anteriore e posteriore, per un totale di soli tre pezzi. La parte estetica, cioè quella esterna, le cui superfici si vedono anche quando la vettura è completata, è invece separata da quella strutturale e viene applicata su di essa tramite una resina epossidica. I vantaggi della scelta di tenere separate la parte estetica da quella strutturale sono ben tre: l’intercambiabilità in caso di incidente, la possibilità futura di fare un restyling senza dover modificare il telaio e la migliore gestione degli scarti per difetti estetici durante il processo produttivo. La vasca principale è realizzata tramite autoclave con tecnologia pre-preg: si tratta di una metodologia classica, utilizzata anche nelle auto da corsa, che prevede l’utilizzo di materiali compositi “pre-impregnati”, nei quali il materiale matrice è già presente prima dell’ingresso nell’autoclave, dove avviene la polimerizzazione ad alta temperatura. Il coperchio anteriore è invece realizzato con una nuova tecnologia chiamata “long fiber compression moulding”, dove il pezzo viene ricavato tramite stampaggio in pressa, ma utilizzando la fibra lunga, la stessa utilizzata nella tecnica pre-preg. Infatti, normalmente, in pressa si utilizzano materiali in fibra corta, detti Carbon SMC o CFSMC, che però hanno ridotte proprietà di resistenza agli sforzi. La sfida è stata quella di utilizzare il concetto della pressata (stampo e controstampo in acciaio), ma con materiali di tipo pre-preg. Si è così potuto così avere gli stessi contenuti strutturali della fibra lunga, ma con il vantaggio di non dover effettuare una laminazione a mano. Con lo stampaggio, il pezzo è pronto in circa 20 minuti, il processo è automatizzato e ha un costo notevolmente inferiore. Lo stesso pezzo fatto in autoclave necessiterebbe infatti di almeno 8-12 ore. A completare la monoscocca ci sono due componenti laterali per ogni lato, anch’essi in materiale composito pre-impregnato, che sono avvitati al vascone principale (in modo da poter essere agevolmente sostituiti in caso di rottura) e servono ad assorbire l’urto laterale.  Per l’omologazione, la Dallara Stradale sfrutta la Small Series Type Approval europea, che prevede la simulazione di crash frontale con un prototipo, mentre per quanto riguarda il crash laterale possono essere validati i modelli di calcolo, senza dover utilizzare una vettura fisica.

La monoscocca è realizzata in materiale composito e si compone di soltanto tre pezzi: il vascone principale, il coperchio anteriore e il coperchio posteriore.

Uno degli skill principali di Dallara è la simulazione di eventi crash complessi e questa capacità si è vista nella correlazione incredibile che c’è stata tra il virtuale e il fisico, nella simulazione dell’urto frontale: per esempio, la lunghezza di collassamento residua del puntone anteriore, lungo 700 mm, ha registrato, al termine della prova di crash, soltanto 5 mm di discrepanza tra il valore simulato al computer e il valore reale misurato al termine del test. Ma il dimensionamento della monoscocca è andato oltre a quanto richiesto dall’omologazione europea, facendo “over-engineering”, attraverso ulteriori verifiche su condizioni tipiche di una vettura da corsa, per far sì che la Stradale fosse già pronta a un eventuale e futuro kit per le competizioni. Infatti la vettura è stata calcolata anche per il crash posteriore (si nota la presenza di puntoni collassabili anche al retrotreno) e per lo schiacciamento in caso di capottamento, con i parametri imposti dalla FIA, che prevede 11 tonnellate di carico sul sul roll bar, come se fosse un’omologazione di una sport production car. I due frame anteriori e posteriori sono realizzati in alluminio e sono un mix tra componenti ricavati per estrusione e altri ricavati da fusione in sabbia. Gli elementi dei telaietti che hanno la funzione di assorbimento urto sono rivettati, per poter essere sostituiti a seguito di collassamento, mentre gli altri sono saldati. Il frame posteriore è semplice nella realizzazione e ha la funzione di contenere il gruppo motore-cambio e il serbatoio, che è realizzato con due gusci in alluminio stampato e si trova subito dietro l’abitacolo, separato dal motore tramite una traversa di contenimento. Sul telaietto anteriore trovano invece alloggio il radiatore dell’acqua e il radiatore del climatizzatore (per le auto che ne sono equipaggiate). La scelta di avere gli scambiatori di calore nella parte frontale è stata fatta per bilanciare il carico sui due assali. A fronte di un ridottissimo aumento di peso (2.3 kg) a causa del fascio tubiero più lungo, si ha il beneficio di avere l’1,5% di peso complessivo della vettura spostato verso l’asse anteriore.


AERODINAMICA

Buona parte della forza aerodinamica deportante che la vettura sviluppa non deriva dall’ala posteriore (che tra l’altro è un optional e può non essere installata), ma dal body shape della vettura e dal sottoscocca. La sagoma della vettura presenta complessivamente una deportanza neutra, cioè non genera forza né verso l’alto né verso il basso e questo rappresenta una sostanziale differenza rispetto alle vetture di produzione (spesso con shape aerodinamicamente portanti), disegnate in base allo stile e non in base alla funzionalità aerodinamica. Il fondo, completamente chiuso, agisce invece per creare la deportanza (il downforce) ed è composto da quattro diffusori. I due diffusori anteriori (splitter) hanno origine dal bordo di attacco e trovano sfogo lateralmente, sotto ai piedi del pilota. Per questo motivo, i pedali sono rialzati rispetto alla seduta, proprio come avviene nelle vetture formula. Questa evacuazione è ulteriormente energizzata dalle vistose aperture laterali ricavate sulla carrozzeria della vettura, le quali aspirano l’aria proveniente dal diffusore. Se si guarda attraverso di esse, si potrà vedere un canale che giunge fino allo splitter anteriore. Le aperture hanno anche altri due compiti: il primo è quello di ridurre la turbolenza che solitamente si genera all’interno del vano ruota e che potrebbe generare portanza. Il secondo è quello di migliorare lo smaltimento dell’aria proveniente dalla parte anteriore della vettura, il quale non deve disturbare quello che invece si genera al posteriore (i due diffusori devono lavorare in modo autonomo). Questo layout è tipico dei prototipi sport da competizione (LMP).

Andamento del flusso aerodinamico: si notano i due flussi che vengono canalizzati già nella parte anteriore dell’auto, per poi giungere al vano motore e al raffreddamento dell’aria nell’intercooler.

Al posteriore, i due diffusori partono poco prima della monoscocca in carbonio e sfogano l’aria nell’estremità posteriore. Anche in questo caso, il telaietto posteriore in alluminio è rialzato rispetto al resto della vettura per consentire un maggiore flusso d’aria. Quando la vettura non è dotata del generoso profilo alare al posteriore, per bilanciare l’aerodinamica complessiva dell’auto, i due diffusori anteriori vengono “degradati” tramite l’applicazione di due flap di Gurney, che diminuiscono il flusso e di conseguenza l’effetto deportante. Viceversa, nella configurazione con l’ala, i due flap vengono rimossi e il carico anteriore aumenta per bilanciare quello posteriore. L’ala è volutamente fissa, non regolabile, perché essendo l’auto molto sofisticata dal punto di vista aerodinamico, la filosofia di Dallara è stata quella di garantire il perfetto bilanciamento per qualsiasi cliente, anche per i neofiti della guida e della gestione degli assetti. Il profilo rimane lo stesso in tutte le configurazioni disponibili, ovvero barchetta, roadster, targa e coupé. Sul lato destro, completamente integrato all’interno della struttura in carbonio per l’urto laterale, si trova l’intercooler (scambiatore aria/aria), con una presa d’aria che ha origine nella parte anteriore. Una soluzione molto interessante, infatti normalmente questa tipologia di vetture prevede le prese d’aria sul fianco, nella parte posteriore. I tecnici di Dallara hanno sfruttato il fatto di non avere le porte per applicare questa presa, che consente di avere un flusso d’aria meno turbolento (in quanto posizionato nella parte anteriore della vettura) e quindi avere un rendimento migliore dello scambiatore, grazie velocità di attraversamento dell’aria elevatissima.

Sono stati eseguiti diversi studi aerodinamici (prima in CFD tramite il software Fluent, e poi in galleria del vento) soprattutto per quanto riguarda l’andamento della sezione del condotto.  Sul lato sinistro, un condotto analogo a quello di destra si dirama in due flussi nella parte terminale: un flusso raffredda il vano motore, l’altro invece viene convogliato nella scatola del filtro aria per l’aspirazione del motore. I vani ruota sono dotati di aperture interne e fungono da camera di evacuazione dell’aria calda che proviene dai due radiatori frontali.


SOSPENSIONI

Sospensione anteriore. Due triangoli sovrapposti: i braccetti inferiori hanno una sezione a profilo alare neutro, quelli superiori sono a sezione circolare. Si nota anche la barra anti-rollio e l’ammortizzatore con serbatoio esterno.

Triangoli sovrapposti davanti e dietro e due barre antirollio tubolari anteriore e posteriore sintetizzano lo schema delle sospensioni della Stradale. I bracci superiori sono ricavati da tubi in acciaio alto resistenziale con cromo-molibdeno, saldati, con boccole elastiche per il collegamento al telaio; i bracci sono sostanzialmente quelli che vengono utilizzati da Dallara anche nel motorsport. Per quanto riguarda i bracci inferiori, che sono investiti dall’aria, i tubi a sezione circolare sono sostituiti con profili a goccia a deportanza neutra, proprio come avviene nelle vetture formula, per ridurre al minimo il drag generato. Nella parte posteriore, l’ammortizzatore è fissato molto in alto rispetto al telaio perché, ancora una volta, l’aerodinamica ha avuto la priorità e per poter lasciare spazio al diffusore, si è dovuto alzare tutta la parte meccanica nell’estremità posteriore. La taratura delle sospensioni che viene effettuata prima della consegna dell’auto rappresenta un perfetto bilanciamento, che consente un utilizzo misto dell’auto, sia in pista che su strada. Inoltre, non vi è alcuna differenza di assetto nelle varie configurazioni (con e senza il tetto o con l’ala posteriore).

Sospensione posteriore. Anch’essa con doppio triangolo, e con sezioni a profilo alare neutro per i braccetti inferiori. In questo caso l’ammortizzatore è installato all’esterno del braccetto, nella parte posteriore.

Si è lavorato tantissimo con i valori di damping e con i tamponi di fine corsa a rigidezze variabili, in modo tale che quando ci sono elevati carichi verticali (dovuti alla deportanza o ai trasferimento di carico), entrano in gioco anche i tamponi cambiando così il comportamento.  Se invece si opta per l’assetto con sospensioni regolabili, a differenza di quello standard si ha un serbatoio esterno per ogni ammortizzatore e uno smorzamento variabile con due regolazioni in compressione (alta e bassa velocità) e una in rimbalzo. Tali regolazioni si effettuano manualmente a vettura ferma, andando ad agire sulle due rotelle poste sul serbatoio esterno dell’ammortizzatore stesso. Inoltre, ci sono due attuatori elettrici che agiscono sul precarico e consentono la regolazione dell’altezza verticale, con due configurazioni preimpostate, altezza stradale e altezza da pista, con una differenza tra le due di circa 20 mm su entrambi gli assali. E’ chiaro che quando l’auto viene abbassata si va a lavorare in una zona ancora più vicina ai tamponi di fine corsa, e di conseguenza anche la rigidezza viene influenzata. L’inclinazione delle ruote in termini di camber è piuttosto neutra, mentre al retrotreno è stata ricercata una forte caratteristica di recupero di camber in curva della ruota esterna, che è quella che viene interessata dal maggior carico verticale. Tale caratteristica, utile soprattutto nell’utilizzo estremo, è visibile anche ad occhio nudo, se si osserva quanto è corto il braccetto superiore rispetto a quello inferiore. Nonostante ciò, il responsabile tecnico ing. Guarnaccia ci informa che i consumi degli pneumatici, che sono stati sempre monitorati durante questo primo anno di vita dell’auto, sono sempre stati nella norma, grazie anche al peso molto ridotto. Al controllo degli angoli della ruota contribuisce in gran parte anche l’elasto-cinematica, che in quest’auto rappresenta lo stato dell’arte, per quanto riguardo lo studio delle caratteristiche cinematiche degli elastomeri, il controllo degli angoli delle ruote, le variazioni della carreggiata e il comfort.

Sospensione anteriore
Sospensione posteriore

POWERTRAIN

La Stradale è spinta da un propulsore 2,3 litri quattro cilindri sovralimentato (di derivazione Ford), installato trasversalmente dietro all’abitacolo: questa configurazione è stata fortemente voluta proprio dall’ing. Dallara, riprendendo il concetto innovativo della Miura, al cui progetto collaborò in prima persona. Gli altri componenti del powertrain sono OEM Ford, ma provengono da diversi modelli, in base alle richieste del progetto, con il risultato finale che il pacchetto complessivo del powertrain è totalmente personalizzato. Per esempio il volano, che nel motore originale è a doppia massa, nel caso della Stradale è un volano di tipo tradizionale, su disegno Dallara, che consente una riduzione di peso di 7kg e un miglioramento dell’affidabilità. E’ stata invece mantenuta la caratteristica del motore di avere la coppia dell’olio, perché sarebbe stato troppo dispendioso e rischioso da un punto di vista affidabilistico modificare l’unità. Per risolvere il problema delle forti accelerazioni laterali di cui la vettura è capace, le quali andrebbero a creare degli scompensi di lubrificazione, è previsto un serbatoio esterno di olio (Accusump), collegato al carter attraverso un’elettrovalvola, comandata dalla centralina, la quale, già sopra i 1,3G, comanda un refill istantaneo per garantire sempre la pressione di olio minima nel circuito. All’interno del cambio a sei marce, alcuni sincronizzatori che sono stati rinforzati rispetto alla configurazione originale, tramite un riporto superficiale in carbonio, visto l’utilizzo intensivo della vettura, per garantire maggiore velocità di cambiata e maggiore resistenza.

Come ultimo componente della trasmissione, trova posto un differenziale a ingranaggi autobloccante, con curve di ripartizione della coppia nel range dal 30% al 70% a seconda della velocità e dalla coppia trasmessa in tiro o in rilascio. Coraggiosamente, Dallara ha voluto offrire ai propri clienti anche una versione con cambio automatico, che in questo caso è stata sviluppata internamente, con la collaborazione della modenese Automac Engineering (che fornisce anche Pagani e Koeniggsegg); il lavoro ha portato a una vera e propria robotizzazione del cambio manuale, tramite l’installazione di tre attuatori elettro-idraulici, di cui uno che spinge il disco della frizione, e gli altri due che eseguono i movimenti di selezione e innesto. La centralina del cambio dialoga anche con la centralina motore, sviluppata assieme a Bosch, facendo ad esempio delle richieste software per avere informazioni sui giri motore, o per richiedere il taglio di coppia durante la cambiata. Si può scegliere sia la modalità automatica, sia quella manuale e questo caso per il cambio marcia si utilizzano le palette che ruotano con il volante, come avviene sulle formula. L’altra selezione che il guidatore può effettuare è tra la modalità Normal e quella Sport, le quali, nel caso di cambio automatico, cambiano la velocità di esecuzione degli innesti e la mappatura di auto-shift. Ma le due modalità agiscono anche sul motore, che in Normal eroga 400 Nm e 300 cv, mentre in Sport cambia completamente anima, con 500 Nm e 400 cv a 6200 rpm, cioè una variazione del 30% in più di potenza massima. La differenza è anche avvertibile in termini di guidabilità, infatti se in Normal il propulsore è fluido nell’erogazione, quasi come se fosse un aspirato, in Sport diventa brutale proprio come su un’auto da corsa.


CONCLUSIONI

Le capacità ingegneristiche di Dallara e l’esperienza nelle competizioni sono state convogliate in un prodotto omologato dalle caratteristiche uniche al mondo. Possiamo definire la Stradale “aero-centrica”, perché tutto (o quasi) ruota intorno allo studio aerodinamico, in cui Dallara è riconosciuta come leader a livello mondiale. Ma, nonostante le premesse, non si è cercato un’auto dal comportamento estremo, bensì una vettura che facesse del bilanciamento il suo punto di forza, con un perfetto equilibrio tra downforce anteriore e posteriore, ma anche un “ottimo” in termini di assetto, grazie a un compromesso nella dinamica laterale e verticale, tra rigidità e comfort di marcia. La progettazione sopraffina del veicolo ci ha entusiasmato e ha superato ogni nostra aspettativa, soprattutto per l’attenzione che è stata dedicata a ogni singolo dettaglio, che abbiamo voluto raccontarvi in questo servizio.