
Citroën CX. Sostituire la Citroën DS era una impresa estremamente ardua. Nel 1955 lo “squalo” aveva lasciato tutti a bocca aperta in quanto a stile e soluzioni meccaniche, e, a distanza di 20 anni, era ancora una signora macchina, grazie a continui affinamenti, tra cui i recenti motori ad iniezione elettronica. Sulla CX gravavano dunque enormi aspettative per mantenere il marchio Citroën competitivo nel settore delle ammiraglie.
L’incarico di definire la linea della futura CX venne dato a Robert Opron, che già aveva realizzato due belle vetture come GS e DS, evolvendo e modernizzando l’inconfondibile tratto del Maestro Flaminio Bertoni, a cui si dovevano, oltre che la DS, la Traction Avant, la 2CV e l’Ami 6.
L’ispirazione alle sue precedenti creazioni era evidente, in quanto il prototipo finale della CX, presentato alla dirigenza Citroën nel 1971, traeva origine dalla piccola e aerodinamica GS, allora probabilmente l’utilitaria più raffinata sul mercato, spruzzato con elementi della SM, avveniristica sportiva motorizzata Maserati.
Nonostante questi richiami, la CX, nome scelto in virtù dell’eccellente coefficiente di penetrazione, colpì nel segno: l’erede della DS si presentava molto moderna, aggressiva e ben proporzionata. Design e attualità erano esaltati da interni e cruscotto, disegnati da Michel Armand, che attingevano al futuristico design “space age” del tempo. Volante monorazza, strumentazione a tamburo rotante, assenza di levette, sostituite dai famosi “satelliti” a fianco del volante, sedili (comodissimi, come tradizione Citroën) e poggiatesta vagamente aereonautici conferivano alla CX quella originalità che tutti si aspettavano dalla nuova ammiraglia del “Double Chevron”. Da notare che, rispetto alla DS, la CX era 20 cm più corta e 10 più bassa. Presentata al Salone di Parigi del 1974, la CX non deluse, diventando nel 1975 Auto dell’Anno (battendo la VW Golf), premio allora molto importante che veniva conferito dalle principali testate automobilistiche europee.
Su strada vantava le classiche caratteristiche Citroën, tra cui emergevano straordinaria tenuta di strada e confort, in gran parte merito delle sospensioni idropneumatiche, vero e proprio marchio di fabbrica della casa francese. Ottimi anche i quattro dischi, con pedale dalla corsa cortissima.
A deludere erano i propulsori, i vecchi quattro cilindri in linea “D” della DS, montati per la prima volta trasversalmente e ruotati di 30° in avanti per abbassare il cofano, abbinati solo al cambio a 4 rapporti. La CX 2000 aveva 102 CV per 174 Km/h, mentre la 2200 Club 112, per 179 Km/h: a parte la velocità adeguata, merito della ottima aereodinamica, rispetto alle ammiraglie italiane e tedesche, la CX arrancava. L’anno dopo debuttò la Diesel, con 66 CV: si tratta di una banale “gasolizzazione” del benzina 2200, però rappresenta un momento importante, in quanto la motorizzazione diesel arriverà a pesare nella carriera della CX per circa il 50% delle vendite.
La deludente gamma motori si doveva al fatto che la CX nacque nel pieno della grande crisi petrolifera del decennio, ed inoltre che il periodo della sua progettazione corrispose con un momento per Citroen di grande difficoltà economica, che rendeva impensabile la realizzazione di nuove unità propulsive. A tale proposito, proprio nel 1974 avvenne la fusione con Peugeot, tanto che la CX viene da alcuni considerata come l’ultima vera Citroen al 100%.
Negli anni successivi l’ammiraglia francese vedrà per fortuna crescere le prestazioni, grazie all’arrivo del 2400 iniezione elettronica (anche questo evoluzione del motore DS 23); purtroppo l’IVA italiana “pesante” sui benzina oltre 2000cc gli tarperà sempre le ali; ciò non accadde per il nuovo diesel 2500, che con il cambio a 5 velocità raggiungeva quasi i 160 Km/h, un record per l’epoca.
Da segnalare che già dal 1976 era presente la Break, giardinetta disponibile anche a 7 posti (versione “Familiale”) e con un bagagliaio enorme; grazie allo spazio ed alle sospensioni idropneumatiche autolivellanti, sarà una delle familiari più trasformate in ambulanza al mondo, come del resto era accaduto per la DS (Citroen direttamente ne produsse oltre 11.000, circa il 10% di tutte le Break costruite). Nel 1980 l’obsoleto 2000 cc benzina, risalente come progettazione all’anteguerra, venne sostituito da una più moderna unità denominata “PRV” perché costruita in collaborazione tra Gruppo Peugeot, Renault e Volvo: non è comunque ancora all’altezza della concorrenza, con soli 106 Cv. Probabilmente per ragioni di spazio nel vano motore, non raggiungerà invece mai la CX il 6 cilindri costruito dallo stesso consorzio.
Sono molte le modifiche introdotte nei primi 10 anni sulla CX per mantenerla al passo con i tempi, ma gli anni 1983/1984, al tramonto della prima serie, vedono l’importante debutto del Turbo: sul 2500 Diesel, che arriva a 95 CV, e sul 2500 a benzina nella celebre versione GTI 2500 Turbo, con 168 CV e 220 Km/h dichiarati.
Nel luglio 1985 nasce la seconda serie che, come si usava all’epoca, viene attualizzata con sovrastrutture in plastica, allora molto di moda ma che andavano a snaturarne in parte la purezza estetica; va detto che comunque in quegli anni si vide molto di peggio. Gli interni furono razionalizzati, abbandonando però in parte l’originalità tipica della CX: gli strumenti, ad esempio, tornarono a lancette. Rimasero comunque i “satelliti” e vennero introdotti i pulsanti sul volante. Questa seconda serie ebbe un buon successo, in Italia specie nella versione Turbodiesel, che veniva pubblicizzata come “il diesel più veloce al mondo”, grazie all’introduzione nel 1987 del turbo 120 Cv da 195 Km/h. Mentre l’utente del 2000 a benzina vedeva sempre sacrificate le prestazioni a favore del confort, quello diesel poteva invece abbinarci uno sprint che non aveva nulla da invidiare alla migliore concorrenza, anzi.
Nel 1989 la CX uscirà di scena (rimarrà per un paio di anni in listino la Break): ne furono costruite oltre un milione, cifra assolutamente onorevole per il segmento, tra cui circa 30.000 in versione con passo allungato, molte delle quali utilizzate come berline di rappresentanza. Purtroppo il piccolo miracolo di sostituire degnamente la DS non avverrà con la CX.
La XM infatti fu una macchina priva di quella originalità che aveva consentito alla Citroën di ritagliarsi il suo spazio nell’alto di gamma: una copia svogliata della CX che vendette in 11 anni solo poco più di 300.000 esemplari.