Citroën 2CV Soleil: il mito riprende vita

Citroën 2CV Soleil

Parigi, 7 ottobre 1948: al salone internazionale dell’automobile della capitale francese di 68 anni fa veniva presentata al mondo la Citroën 2CV, uno stile di vita più che un’auto. Tra alti e bassi, tra “odi et amor”, alla fine la Citroën 2CV è Citroën 2CVriuscita a far breccia nel cuore dei più o meno appassionati di automobili, divenendo una delle vetture più amate del secolo scorso. Il design così retrò della vettura trova la sua spiegazione nel periodo in cui è stata progettata la piccola automobile della casa del doppio chevron: i primi prototipi, infatti, vedono la luce del sole nel 1937, con un telaio dotato di sospensioni a barre di torsione ed un motore motociclistico BMW da circa 500 cm3 di cilindrata. E proprio quando il progetto “TPV” (Toute o Très Petit Voiture) è prossimo alla definizione con i suoi 250 prototipi finali pronti per essere mostrati al pubblico, scoppia la seconda guerra mondiale: Citroën, per mantenere il massimo riserbo, distrugge tutti i prototipi tranne uno, con la paura che durante gli anni dell’occupazione fossero rubate le idee delle loro vetture. Ad ogni modo, salvo alcuni ultimi aggiustamenti del caso, la linea generale è già quella delle Citroën 2CV che circoleranno a frotte qualche anno più tardi, quando finalmente arriverà la liberazione.


IL MODELLO DEFINITIVO

Citroën 2CV

All’inizio del 1948, la vettura è meccanicamente terminata: tra le altre cose, tutto il mezzo è stato sottoposto ad una dieta ferrea, che ha fatto sì che che la Citroën 2CV venisse alleggerita nei fari, Citroën 2CVnei sedili ed in molte altre parti. La rifinitura finale avviene sotto pelle con l’aggiunta di un avviamento elettrico, di un sistema di riscaldamento e dei famosi battenti ad inerzia, firma del modello che farà sì che l’auto possa mantenere una aderenza perfetta su ogni tipo di terreno; lo stilista italiano Bertoni, d’altro canto, viene incaricato di terminare in maniera sapiente il lavoro sulla carrozzeria, che originariamente sarà solo e soltanto grigia. Alle ore 10 del 7 ottobre dello stesso anno, viene finalmente tolto il telo alla presenza dell’allora presidente della repubblica Auriol e della stampa: i visitatori sono perplessi, interdetti, ma anche affascinati, dalla creazione. C’è chi cerca di aprire il cofano per vedere il propulsore che muove il mezzo, senza riuscirci dal momento che lo stesso è sigillato; c’è chi si aggrappa letteralmente alla carrozzeria, per verificare la dolcezza delle sospensioni; c’è chi non può fare a meno di sorridere, osservando l’indicatore di benzina costituito soltanto da una astina infilata nel serbatoio del combustibile.

Citroën 2CVLe epoche della produzione a quel tempo erano radicalmente diverse rispetto a quelle quotidiane: la vendita, infatti, riceve il via non prima del settembre del 1949, con un prezzo di listino di 228 mila Franchi. Per eredità del programma di ripresa economica del secondo dopoguerra, la ripartizione della produzione automobilistica è contingentata in maniera importante dal Ministro dell’Industria, il quale aveva deciso che il 60% della produzione dovesse essere destinato all’esportazione, il 10% alla clientela cosiddetta prioritaria e solo un 30% per la vendita libera: come tale, ogni persona interessata all’acquisto della Citroën 2CV avrebbe dovuto compilare un questionario dettagliato che sarebbe stato passato al vaglio della casa madre. A dispetto del provvedimento Statale, in ogni modo, il successo non tarda ad arrivare: nel 1950, il tempo medio di consegna della vettura arriva a 6 anni, con un ritmo produttivo di circa 100 vetture al giorno.


ICONICA

Citroën 2CV

La sagoma della 2CV è divenuta iconica con il tempo, al punto tale che è impossibile non riconoscerla quando passa davanti alla folla: il frontale con la grande calandra a forma di trapezio con i listelli orizzontali ed il double chevron incastonati da una cornice con rifinitura cromata, i due fari tondi sporgenti assolutamente anacronistici anche per la sua epoca, i parafanghi prominenti che si protrudevano lateralmente ed il cofano motore costituito da lamiera ondulata, noto per la sua scarsa rigidità quando lo si impugna per accedere al vano. Citroën 2CVIl tetto dal disegno arcuato era quasi totalmente composto da una copertura in tela arrotolabile che rendeva la vettura completamente scoperta fino alla zona dei sedili posteriori; per via di questo, tuttavia, il montante posteriore era decisamente più massiccio di quello anteriore, terminando in corrispondenza del parafango posteriore caratterizzato dalla carenatura coprente metà ruota, uno dei marchi di fabbrica più famosi della Citroën.

Non si sa bene quando, in realtà, con precisione la Citroën 2CV divenne una tale icona, dal momento che al lancio buona parte della stampa si rivolse a lei apostrofandola come “il brutto anatroccolo”: sul quotidiano italiano “La Stampa” del 9 Ottobre 1948 si legge che l’auto “[…]non è bella, anzi è brutta: è grigia, del colore che avevano le automobili militari tedesche ed è ricoperta quasi completamente di tela, di mondo che quando scoperta la carrozzeria pare uno scheletro di macchina incendiata”. Fatto sta che questo mezzo, nato con lo scopo di motorizzare un Paese in via di ricostruzione, divenne uno stile di vita vero e proprio, grazie al suo look assai retrò con una vena simpatica: gli anni ’60, certamente, grazie al movimento hippie hanno fatto la loro parte, facendola divenire uno dei veicoli simbolo dell’epoca assieme ad altri come il Maggiolino della Volkswagen.


EPPUR SI MUOVE

Citroën 2CV Soleil

Semplice, immediata, senza troppe finezze: la Citroën 2CV era il tributo, da parte del reparto di ricerca e sviluppo di uno dei marchi più innovativi al mondo, nei confronti della facilità di manutenzione e dell’intuitività di progettazione. Al di sotto della carrozzeria, infatti, l’utilitaria francese prevedeva un pianale rinforzato sul quale veniva posata una carrozzeria in acciaio, scelta in luogo di quella in lega leggera per via del suo costo all’epoca proibitivo; inoltre, ove possibile, erano stati utilizzati dei lamierati piani, nell’ottica di mantenere gli esborsi contenuti il più possibile. Il propulsore che muove la compatta vettura del doppio chevron porta la firma del motorista italiano Walter Becchia, approdato in Citroën nel 1941 sotto pressione di Boulanger in persona che lo inserisce nel settore R&D (chiamato “Bureau d’Etudes”): qui, infatti, mette a punto il suo capolavoro, un motore raffreddato ad aria di 375 centimetri cubici di cilindrata, due cilindri contrapposti ad andamento orizzontale, monoblocco in ghisa, testata emisferica in lega di alluminio con due valvole per cilindro, distribuzione con un asse a camme comandato da aste e bilancieri, carburatore Citroën 2CV SoleilSolex 22ZACI invertito per l’uso previsto, pistoni in lega leggera, potenza massima di 9 cavalli e dinamo da 6 Volt di tensione. Le prestazioni, certamente, non facevano gridare al miracolo: la velocità massima della vettura, in condizioni favorevoli, era pari a poco più di 65 chilometri orari, numero che fa sorridere se paragonato anche alle auto meno potenti disponibili a listino oggi.

Le famose sospensioni della Citroën CV adottavano su entrambi gli assi la soluzione ad un braccio oscillante per ruote, con tiranti longitudinali che agivano su molle disposte, anche esse, longitudinalmente; fu compito del progettista Paul Magès, classe 1908, mettere a punto il sistema complessivo, che unì, alla capacità di affrontare terreni molto accidentati grazie alla sua altezza da terra, la tenuta di strada eccezionale per l’epoca. La vettura, infatti, sebbene rolli in maniera importante durante l’affrontare di una curva, mantiene tutte le ruote attaccate all’asfalto anche quando il corpo vettura si imbarca: a tale titolo, Citroën nel corso degli anni sfruttò la caratteristica a titolo di marketing, organizzando (in maniera ufficiale e non) sia eventi a concorso in occasione di esposizioni e fiere, sia delle “gimcane” presso raduni, dove si scoprì che l’unico modo per cappottare una Citroën 2CV era quello di sterzare repentinamente procedendo a marcia indietro (sebbene fosse necessario uno sforzo notevole per riuscire nell’impresa).


PERCHÉ SPECIALE TU SEI

Citroën 2CV Spot

La produzione della Citroën 2CV, susseguitasi tra evoluzioni, modifiche di motore e cambiamenti estetici, è durata fino al 1990; tuttavia, a partire da 1976 la casa del doppio chevron ha dato vita ad una serie di allestimenti speciali curati da Serge Gevin, designer del centro stile Citroën. La Citroën 2CV Spot è stata resa disponibile dall’aprile del ’76 in 1800 esemplarsi, caratterizzata da una carrozzeria bicolore bianco-arancio e l’aggiunta di un telo parasole per la parte anteriore del tetto. Nel 1980 vede la luce uno degli allestimenti più iconici, il

Citroën 2CV Charleston

Charleston, caratterizzato da una verniciatura bicolore nero-bordeaux, filettature bianche e tessuti interni “pied de poule”: sebbene la tiratura fu aumentata ad 8000 esemplari, l’elevata domanda da parte della clientela spinse Citroën a rendere l’allestimento Charleston una versione a listino, dove rimarrà fino alla fine della produzione con le nuove colorazioni nero-giallo e bi-grigio. I più appassionati di motori e di film di azione ricorderanno la pellicola del 1981 “Solo Per I Tuoi Occhi”, dove un James Bond interpretato da Roger Moore, dopo aver fatto esplodere la sua Lotus Esprit Turbo, fugge assieme ad una giovanissima Carole Bouquet a bordo di una Citroën 2CV gialla che li accompagnerà in un rocambolesco ed acrobatico inseguimento: conseguentemente al lungometraggio, la casa francese realizzò in 700 esemplari una edizione speciale di colore giallo con adesivi riproducenti il logo “007” ed i fori delle pallottole, denominandola “Citroën 2CV James Bond 007”.

Oltre queste edizioni limitate che sono le più famose al pubblico, sono susseguitesi la “France 3” (in occasione della sponsorizzazione del veliero francese all’America’s Cup), la Dolly (rivolta ad un pubblico femminile con verniciatura grigio-bianco, grigio-giallo o grigio-rosso e riproposta con nuovi colori un anno dopo), la Cocorico (per celebrare la partecipazione della nazionale Francese ai mondiali di calcio dell’86), la Perrier (contraddistinta dalla verniciatura bianca, dalla capote verde e da un piccolo frigo con sei bottiglie di acqua minerale della citata marca) e la Hermès (realizzata nel 2008 dalla casa di moda che ha restaurato e reinterpretato in chiave di lusso sfrenato una 2CV Special del 1989).


LA DIMENTICATA

Citroën 2CV Soleil

Tuttavia, oltre a quelle enunciate subito sopra, c’è un’ultima Citroën 2CV speciale che non è mai stata realizzata: messa a punto dalla penna e dal genio del designer Serge Gevin in un momento di ispirazione mentre si trovava nella sua Citroën 2CV Soleilresidenza estiva sull’isola di Dieu, sarebbe dovuta essere costituita dalla scocca e dai cerchi bianchi, dai parafanghi il cofano posteriore e la capote gialli, le scocche dei fari rotondi e dai disegni ispirati al mare su portabagagli e fiancate. Citroën Italia ha, dunque, deciso di prendere la palla al balzo e di creare questa edizione limitata con l’aiuto di un vero esperto del mezzo in questione: Guido Wilhelm, titolare dell’Atelier 2CV di Bareggio (MI) e cultore della deux chevaux, che è stato bravissimo nel trovare una 2CV Charleston del 1982 quasi integralmente demolita dalla ruggine, salvandola dall’inesorabile sfasciacarrozze.

Citroën 2CV SoleilIl lavoro è stato lento e difficile, utilizzando pezzi di ricambio originali Citroën ancora oggi reperibili (inclusi i pannelli della carrozzeria) presso la rete di assistenza e vendita ufficiale della casa francese; il motore bicilindrico boxer, invece, un 602 centimetri cubici di cilindrata erogante 29 cavalli, è stato integralmente ricostruito, con un nuovo albero motore, nuove valvole, nuovi cilindri, nuovi pistoni ed una testata revisionata. Il restauro si conclude un con una revisione generale del cambio, dei sincronizzatori e degli ingranaggi, terminando con una sostituzione di freni, ammortizzatori e cerchi, attingendo dal catalogo ricambi di Citroën: la Citroën 2CV Soleil è pronta per solcare nuovamente le strade del mondo.


COME VA

Citroën 2CV Soleil

Al volante della Citroën 2CV ci si rende subito conto che…beh, è una Citroën di svariati decenni fa: quindi, il primo pensiero che sorge nella mente di un conducente abituato a vetture moderne è che tutto sia fuori posto. Citroën 2CV SoleilIl devioluci per accendere/spegnere i fari e commutare tra anabbaglianti ed abbaglianti è alla destra del volante, dove oggi giorno ci si aspetterebbe di trovare il comando per il tergicristalli; il leveraggio per variare il flusso di aria calda nell’abitacolo è in basso, nascosto sotto al ripiano portaoggetti, subito al fianco del comando dello starter e di lato alla leva del freno (che, peraltro, agisce sulle ruote anteriori, anziché sulle posteriori). Impugnata la chiave di accensione, ci si mette alla ricerca del blocchetto, per scoprire che esso è posizionato alla sinistra del volante invece che alla destra come sarebbe lecito aspettarsi: mezzo giro e, flebilmente, la spia della pressione dell’olio si accende. Citroën 2CV SoleilCi si aggrappa alla leva del cambio a baionetta, lo si porta in posizione neutrale per mettere la trasmissione in folle, frizione premuta a fondo e si fa girare il motorino di avviamento: in mezzo secondo, il piccolo motore boxer a due cilindri prende vita e romba nel ristretto spazio del garage con il suo tipico sound da frullino.

La prima sensazione che si avverte guidando la Citroën 2CV Soleil per le strade è quella di una vettura semplice, ma non per questo scomoda: infatti, nonostante gli avvallamenti della strada e i cambi di direzione, la piccola macchinetta filtra il tutto molleggiando sulla strada. In un sabato soleggiato, si imboccano i vialoni di una trafficata Milano e si iniziano a snocciolare le marce in rapida sequenza, scoprendo che la Citroën 2CV Soleil è tutt’altro che fiacca: essa, infatti, si muove agile nel traffico quotidiano, raggiungendo subito la velocità di crociera urbana di 50 chilometri orari, grazie al sapiente lavoro dell’Atelier 2CV di Bareggio che ha messo a punto il propulsore in modo assai esperto. Citroën 2CV SoleilPoi, si guarda fuori dal parabrezza verticale; e, in un attimo, ci si accorge che tutta l’attenzione della folla è rivolta a lei, la star, la protagonista della strada, con la gente che la scruta, la indica, urla “Guarda, è una due cavalli!” e, impugnando macchine fotografiche e smartphone, le scatta decine di foto tra un pollice alzato ed un saluto con la mano.

Usciti dal centro abitato ed imboccata la tangenziale Ovest di Milano, ci si rende conto subito del rovescio della medaglia: sebbene la potenza del motore non sia proprio esima, la semplicità costruttiva del mezzo e la presenza di soli quattro rapporti del cambio rendono un viaggio a velocità sostenuta a bordo della Citroën 2CV Soleil un’esperienza tutta da raccontare, con il rombo del piccolo cuore che a 90 chilometri orari si fa sentire prepotente nell’abitacolo ed il fruscio aerodinamico che rende difficoltose le conversazioni tra conducente ed occupanti. Tuttavia, quel risentimento nato in quel breve tratto a rapido scorrimento, passa immediatamente una volta tornati nel territorio urbano; dove, con il tettuccio in tela aperto ed il sole che entra dallo stesso, l’allegria torna a regnare sovrana nel perimetro della piccola utilitaria francese, quasi che non si vorrebbe mai smettere di utilizzarla per girarci.


CONCLUSIONI FINALI

Citroën 2CV Soleil

La Citroën 2CV è un’autovettura che, già di per sé, trasmette una grande storia ed ha un fascino inarrivabile: Citroën Italia, dal canto suo, ha saputo raccogliere in maniera egregia questa eredità, dando i natali ad un progetto del grande Citroën 2CV SoleilSerge Gevin che, se non fosse stato per la filiale nostrana, non avrebbe mai visto la luce. Il risultato è stato, in una parola sola, emozionante: emozionante da guardare, emozionante da guidare e, visto il trasporto con il quale è qui descritto, emozionante da raccontare. A titolo puramente di cronaca, infine, per un restauro così comprensivo che parte dalle basi e finisce con i minimi dettagli sono necessari circa 18.000 Euro; domandarsi se la spesa valga l’impresa è assolutamente inutile, dal momento che il restauro di un prodotto d’epoca è sempre e comunque qualcosa che si affronta con il cuore più che con la testa. E, con questo, dal 1982 è tutto.