In effetti molti visitatori del Museo, anche per il colore rosso, la scambiano per una Ferrari, ma in realtà si tratta di una Cisitalia 202 SC Coupé. Una scelta convincente, perché la 202 è veramente esemplare per armonia di forme e semplicità; lo stesso Pinin Farina (diventerà “Pininfarina” solo nel 1963 con un decreto del Presidente Gronchi), autore della linea, commenterà più tardi che nel realizzare quella vettura “avevo giocato a fare il poeta”.
Ma c’è molto di più: la purezza estetica della coupé e della cabriolet costruite a Racconigi ha le sue radici in una grande innovazione tecnica: il telaio tubolare, utilizzato con la monoposto «D46» del 1946, ideata da Dante Giacosa, e ripreso per la prima volta anche per una produzione stradale di serie appunto con la 202 dell’anno seguente. Questo tipo di telaio consente un’altezza da terra decisamente minore ed una volumetrica innovativa; inoltre è possibile sagomare i tubi in modo da seguire perfettamente le curve immaginate dal designer.
A questo proposito va ricordata la grande armonia tra Pinin Farina e l’ingegner Giovanni Savonuzzi, altro personaggio geniale che ruotò intorno alla casa dello Stambecco, con la sua concretezza spesso in disaccordo alla volitività di Pietro Dusio. La 202 SC a New York va considerata anche come un tributo proprio a Pietro Dusio: ricchissimo industriale delle tele cerate, presidente della Juventus, che fondò nel 1943 la Cisitalia, Compagnia Industriale Sportiva Italia. La 202 SC (Spider-Coupé) occupa un posto importante nella storia Cisitalia proprio perché è l’unico modello ad essere stato prodotto in buon numero: 188 auto costruite tra il 1947 e iI ’52, cento coupé ed il resto cabriolet.
La vettura appare per la prima volta il 6 settembre 1947 alla vigilia del GP d’Italia, ed è presentata ufficialmente al Salone di Parigi del 23 ottobre ‘47. Inizialmente messa in listino in due sole versioni, Sport e Sport Special, rispettivamente con potenze di 50 e 60 CV , verrà immediatamente unificata nel modello Gran Sport da 55 CV, che viene venduto al prezzo (altissimo) di 3.900.000 lire e raggiunge i 160 km/h. Alla versione coupé si affianca subito la cabriolet, prodotta dagli stabilimenti Farina e da Vignale. All’epoca si prevedeva di costruire per il 1948 un totale di oltre trecento 202, un obiettivo che, nonostante il successo d’immagine (ne diventano proprietari anche Henry Ford II e il regista Roberto Rossellini), si rivelerà irrealizzabile, a causa della crisi finanziaria della società.
Sotto la strepitosa carrozzeria, il motore, come in tutte le Cisitalia fino ad allora prodotte, è derivato dal 1100 Fiat, però ampiamente rielaborato, tanto che del propulsore originale rimangono solo blocco motore e testata. La carrozzeria è in Itallumag, una speciale lega d’alluminio. Il volante generalmente è a destra, nonostante sia previsto anche l’alloggiamento a sinistra. Il cambio è sul pianale, ma anche in questo caso il progetto prevedeva, se il cliente lo desiderava, di piazzare la leva al volante.
A caratterizzare la versione ‘A’ anche l’inconsueta possibilità di poter aprire il cofano motore sia sul lato destro che sinistro, i copriruote aerodinamici (che però ostacolavano il raffreddamento dei freni), il vetro anteriore in due parti e la maschera composta da 23 sottili lame d’alluminio. Dal telaio 130 si passa alla versione ‘B’, modificata leggermente dal punto di vista estetico e con due carburatori (od uno a doppio corpo) che consentono di arrivare a 60 CV. Versioni rimaste sulla carta sono la quattro porte, la 203 a cambio semiautomatico e la ‘205’ con un più potente motore interamente Cisitalia 1500. Quattro esemplari, detti ‘D’ avranno il motore BPM. Ufficialmente la 202 cessa di essere prodotta nel ’52, ma già da anni, causa le difficoltà della Cisitalia (dal ’49 in amministrazione controllata), si vendono solo rimanenze di magazzino.
A chi volesse approfondire la storia della Cisitalia, consigliamo il libro di Nino Balestra, “Cisitalia, una storia di coraggio e passione”. (Testo di Francesco Vianello)