Bugatti Mistral: con questa roadster la Casa dà l’addio al mostruoso W16

In passato ci furono Bugatti Veyron e Bugatti Veyron Cabrio. Oggi, per dare vita alla nuova spider, la Casa di Molsheim decide invece di realizzare un modello a sé, distinto da quella Chiron dalla quale, chiaramente, deriva. Signore e signori, ecco a voi la Bugatti W16 Mistral, spider che sarà realizzata in 99 esemplari e che è spinta dal noto 16 cilindri nella sua configurazione più potente, quella che eroga la bellezza di 1.600 CV e che si è vista sulla Chiron Super Sport 300+ (l’auto che ha stabilito il record di velocità per vetture stradali nel 2019, per capirci).

Tra novità (estetiche) e certezze (meccaniche)

Ma perché un modello a sé? I motivi sono diversi. Prima di tutto, l’auto non è nata (come fu per la Veyron) semplicemente togliendo il tetto alla Chiron. La Mistral ha subito modifiche più evidenti alla carrozzeria, a partire dal frontale prominente che ricorda un po’ la Voiture Noir e i nuovi proiettori. Cambia, tanto, anche la coda, con nuovi fari, ma soprattutto con nuove forme per collegare le superfici vetrate ad arco e le fiancate al cofano motore, incorniciato da due evidenti airscope. Estetica a parte l’auto assume importanza per il ruolo che le consegnerà la storia: sarà infatti l’ultima Bugatti a montare il W16 quadriturbo da 8 litri che la Casa ha adottato sin dal giorno della sua ultima rinascita, avvenuta nel 1998 grazie all’intervento di Volkswagen.

L’alba di una nuova era… ibrida

Ora Bugatti fa parte della joint-venture Bugatti-Rimac e si appresta ad affrontare il futuro sfruttando le conoscenze della Casa croata in tema di elettrificazione. La prossima Bugatti non sarà ancora elettrica – lo ha detto lo stesso Mate Rimac in più di un’occasione – ma ibrida sicuramente sì. E con un motore termico diverso. La Bugatti W16 Mistral, insomma, è l’ultima occasione per acquistare una vettura del gruppo “vecchio stampo”. Ma se ne volete una sappiate che è troppo tardi. Tutti e i 99 esemplari previsti sono andati venduti ad altrettanti facoltosi collezionisti che non hanno esitato a staccare un assegno da 5 milioni di euro per aggiungere il modello alla propria collezione.