Brembo è ormai diventato un nome storico nell’ambito degli impianti frenanti, ma è anche sinonimo di avanguardia e innovazione che partono dall’impegno nelle corse.
Sia con le due sia con le quattro ruote.
Oggi la Formula 1 e la MotoGP sono due mondi tecnicamente assai diversi, non foss’altro per il fatto che, per ora, per le moto non si parla di ibridizzazione (ma si iniziano a considerare le benzine 100% sintetiche) e i motori restano alimentati dalla pressione atmosferica, a meno dell’effetto di leggero pompaggio offerto dall’airbox con presa d’aria in dinamica.
Tuttavia, le potenze specifiche raggiunte oggi dai quattro cilindri di un litro, V4 o in linea, schierati dalle Case impegnate nel campionato del mondo sfiorano i 300 CV/litro.
Potenze che hanno richiesto uno sviluppo come mai avvenuto finora dell’aerodinamica e, ovviamente, degli impianti frenanti che devono essere in grado di offrire decelerazioni adeguate e costanti nell’arco di tutta la gara.
A Misano con Brembo
Ci è sembrato interessante, dopo aver analizzato l’impegno di Brembo nella Formula 1, fare due chiacchiere anche con Andrea Pellegrini, ingegnere di pista Brembo per la MotoGP, che a Misano, nel corso del GP di San Marino, ci ha ricevuto nell’hospitality dove viene offerta l’assistenza tecnica ai team che utilizzano materiale Brembo.
Per corredare queste note siamo anche riusciti a fotografare gran parte delle applicazioni e ad assistere alle procedure adottate dai meccanici per adattare gli impianti alle esigenze dei piloti e della pista.
“Le MotoGP, negli ultimi anni, hanno subito un’evoluzione tecnica notevole”, inizia Pellegrini, “e Brembo ha dovuto di conseguenza adeguare i propri impianti alle nuove esigenze. In effetti, a partire dal 2020 lo sviluppo aerodinamico ha avuto un forte impulso coi primi tentativi di appendici aerodinamiche e forme della carenatura studiate in galleria del vento per aumentare la downforce e consentire una maggior capacità del veicolo di trasmettere a terra la coppia motrice, dare stabilità alle altissime velocità di punta raggiungibili e migliorare il controllo in fase di frenata e nelle forti accelerazioni all’uscita delle curve”.
Tecnologia da Formula 1
Questo ha consentito ai motoristi di poter lavorare con più libertà sui motori per raggiungere potenze inusitate per un veicolo con sole due ruote, aiutati dal parallelo sviluppo di controlli elettronici sempre più sofisticati a livello di gestione motore e trasmissione.
L’aumento dei budget disponibili per lo sviluppo, che con le dovute proporzioni ha avvicinato la MotoGP alla Formula 1, ha dunque portato ai risultati che sono sotto gli occhi di tutti: sul rettilineo del Mugello con questi proiettili da oltre 280 CV che pesano attorno ai 170 kg più il pilota, si sono superati i 365 km/h e si è percorso il giro in 1’44”, quando nel 1976 la velocità delle allora GP col motore quattro cilindri 2 tempi di 500 cm3, con 160 CV e 130 kg di peso era di circa 90 km/h inferiore e il tempo sul giro 25” superiore!
Logico quindi che certe prestazioni richiedano freni adeguati.
E qui interviene Brembo, che ha l’enorme vantaggio di poter travasare sulle due ruote l’esperienza acquisita in Formula 1.
“Il primo passo importante è stato l’introduzione della pinza freno alettata, avvenuta nel 2020. Si tratta di un componente derivato dall’esperienza di Formula 1 che offre una superficie radiante tale da aumentare la superficie a contatto con l’aria e contribuire a contenere la temperatura di pinza e pastiglie entro limiti accettabili e compatibili col miglior rendimento dell’accoppiata pastiglia/disco in carbonio”.
L’acciaio è obsoleto
Se fino a qualche anno fa esisteva ancora l’opzione dell’utilizzo del disco in acciaio in condizioni di bagnato, oggi il carbonio è la scelta unica per tutte le condizioni.
“L’acciaio è ormai superato anche sul bagnato, poiché lo sviluppo delle cover sul disco in carbonio ha aggirato il problema del forte raffreddamento sotto la pioggia, condizione che come noto fa decrescere vistosamente il coefficiente d’attrito del carbonio”.
“Ogni team dispone di una grande varietà di cover con porzioni coperte e passaggi d’aria calibrati e possiamo dire che ormai il mantenimento della temperatura di esercizio entro una determinata finestra è moto preciso”.
“Soddisfatta questa condizione, i vantaggi del carbonio sono assoluti, il primo dei quali il fornire un’elevata costanza prestazionale per tutta la gara, anche al variare delle condizioni di attrito dello pneumatico. In condizioni di pista che si sta asciugando, ad esempio, l’acciaio andrebbe in crisi per surriscaldamento, perdendo gran parte delle prestazioni, il carbonio no”.
Carbonio: più è caldo più frena
Con una temperatura di inizio frenata attorno ai 250-300°C, il µ (coefficiente d’attrito) tra pastiglia e disco è già accettabile; salendo poi rapidamente a 800°C e oltre, restando però al di sotto del limite di ossidazione per non avere un’usura troppo elevata, il µ raggiunge i valori ottimali.
“Noi di Brembo abbiamo fornito ai team le cosiddette working map su cui sono definite 2 linee entro le quali deve restare la temperatura del disco”.
“L’ampiezza della fascia dipende da numerosi fattori, tra cui l’impegno frenante tipico del tracciato, che implica diversi livelli di energia frenante richiesta”.
“In pratica per una pista con poche frenate molto impegnative, o più leggere ma molto frequenti, la temperatura di inizio frenata deve essere più bassa che nel caso di tracciati più ‘soft’, per non rischiare di andare in overheating e compromettere prestazioni e durata”.
Questo significa avere un’adeguata sensoristica sul veicolo per poter monitorare in tempo reale le temperature di pinza e disco.
“Si utilizza un pirometro a raggi infrarossi, posizionato a centro fascia del disco secondo nostre indicazioni derivate dall’esperienza e un sensore montato sulla pinza”.
“La lettura è continua, anche se, a differenza della Formula 1 in cui questi dati sono disponibili in tempo reale, sulle moto vengono acquisiti sul veicolo e scaricati a fine sessione per essere analizzati con noi e gli ingegneri di pista”.
Una cover per tutte le esigenze
In base ai suddetti rilievi di temperatura e alle condizioni della pista, oltre che dei dati storici noti, i team scelgono la cover più idonea a tenere il disco nel giusto range di temperatura.
Tuttavia, il rispetto di queste delicate condizioni di utilizzo non si sono rivelate sufficienti a garantire prestazioni adeguate alle sempre più veloci MotoGP, specie su piste nuove particolarmente veloci.
“Il regolamento prevedeva inizialmente un diametro massimo del disco di 320 mm”, prosegue Pellegrini, “che è poi stato portato a 340 mm in seguito all’impegno richiesto sulla pista di Motegi, la più severa per i freni”.
“Alla pista giapponese si è aggiunto il Red Bull Ring, con quattro staccate una di seguito all’altra in cui non è possibile raffreddare abbastanza, e poi quello di Buriram, in Tailandia”.
“In base a questo, sentiti i team, noi di Brembo abbiamo chiesto alla DORNA una deroga al regolamento per portare il limite a 355 mm”.
“Le nostre motivazioni, anche di sicurezza, sono state accettate e adesso è possibile scegliere tra più misure”.
“Il 355 mm è probabile che sarà esteso ad altre piste oltre alle citate, perché l’aumento delle medie sul giro porta i freni a soffrire anche su circuiti finora considerati più ‘leggeri’. Qui a Misano, ad esempio, i tempi sul giro scendono ogni anno e le velocità massime salgono”.
Ali e abbassatori per frenare dopo
Come capita ormai da decenni sulle Formula 1, le ali, o meglio le appendici aerodinamiche, che si stanno diffondendo sulle carenature delle moto servono ad aumentare la downforce sulle ruote, cosa che contribuisce anche elevare il limite di bloccaggio.
L’abbassatore d’assetto, portando più in basso il baricentro riduce la possibilità di ribaltamento e consente frenate più profonde.
“La frenata di una moto da corsa si divide, a grandi linee, in tre fasi”, ci spiega Pellegrini. “La prima è quella in cui si inizia ad applicare il freno anteriore e la ruota posteriore ha ancora contatto stabile col terreno e può contribuire a rallentare la corsa sia con freno motore, sia col disco posteriore; nella seconda la forza frenante anteriore raggiunge il massimo e la ruota posteriore sfiora il terreno e non dà contributo significativo alla decelerazione; infine, la fase di inserimento in curva in cui è diminuito il carico sull’anteriore, il posteriore riprende grip e può quindi fornire la spinta per l’accelerazione”.
“L’aerodinamica e l’abbassatore di assetto limitano l’ampiezza di questi transitori, rendendo le manovre descritte più omogenee, col risultato di rendere più efficaci tutte le fasi, a vantaggio del tempo sul giro”.
“Se poi pensiamo che l’abbassatore contribuisce anche a limitare il sollevamento della ruota anteriore in accelerazione (cosa che in passato si faceva col controllo di trazione, che però penalizzava la prestazione) si comprende dove sono realmente stati fatti i passi più importanti per scendere coi tempi sul giro”.
La pinza Brembo è ricavata dal pieno
“Come per quelle utilizzate sulle Formula 1 e in generale quelle di alte prestazioni”, precisa Pellegrini, “le pinze Brembo per la MotoGP sono ricavate da un pieno di lega leggera ad alta resistenza mediante una complessa lavorazione meccanica che può occupare fino a una decina di ore CNC”.
“All’interno sono ricavate le sedi per i quattro pistoncini, i condotti per il fluido idraulico e i canali di passaggio dell’aria di raffreddamento”.
“Non ci sono tubazioni esterne tranne il tubo proveniente dalla pompa che termina con un raccordo a innesto rapido con valvola di ritenuta per facilitare la sostituzione”.
Innesti rapidi
“Gli spazi tra pinza e cerchio sono infatti così limitati che per sostituire la ruota i meccanici devono anche separare la pinza dal piedino di supporto e sfilare tutto insieme”.
“Questo da una parte è un vantaggio perché consente di non mescolare pinze e dischi e mantenere gli accoppiamenti iniziali, a vantaggio della corretta usura delle parti”.
“Inoltre, come capita in prova, quando si cambia la gomma per montare quella da time attack (operazione che avviene in circa un minuto), pastiglie e disco restano caldi a vantaggio di una resa ottimale in tempi brevissimi e soprattutto di un feeling di frenata pressoché invariato, cosa che dà maggior sicurezza al pilota”.
Il sistema di innesto rapido blocca l’ingresso dell’aria per cui non è richiesto alcuno spurgo tra le operazioni di scollegamento e collegamento.
Per raffreddarsi dagli 800°C ai 250-300°C, il disco in carbonio impiega pochi secondi.
Diverso per la pinza, che ha un’inerzia termica superiore e ha tempi di raffreddamento più elevati. “In generale gli impianti moto sono meno sollecitati di quelli di Formula 1”, precisa Pellegrini. “Con la mano destra i piloti applicano una pressione variabile da 12 a 18 bar. In Formula 1 si arriva a 100 bar”.
“Questo significa che le deformazioni in gioco sono basse, anche se ogni elemento è comunque passato agli elementi finiti per garantire di stressare i materiali mantenendo un elevato coefficiente di sicurezza”
La personalizzazione è nella pompa
Dischi, pastiglie e pinze sono uguali per tutti i team. Le mescole per disco e pastiglie sono diverse tra loro, ma di un solo tipo.
Tra i dischi, il diametro 320 mm sta andando in disuso a favore del 340 mm e del 355 mm, entrambi ventilati. Lo spessore è di 8 mm.
“La vita di un disco va ora di pari passo con le pastiglie, mentre in passato un disco durava quanto due set di pastiglie”, aggiunge Pellegrini. “In termini chilometrici siamo attorno ai 1.000-1.200 chilometri per set”.
“Tipicamente si parte nella FP1 con un set nuovo, lo si roda per assestare le pastiglie sul disco e lo si tiene poi per la gara”.
“Quindi lo si utilizza fino a fine vita per le prove. Cambiano invece le geometrie delle pompe, tutte col pistone radiale di diametro variabile in funzione delle esigenze del pilota”.
“Abbiamo due tipi di fluido idraulico; il più utilizzato è l’HPC64 che ha un punto di ebollizione molto alto e può operare anche oltre i 200°C”.
“È molto igroscopico e quindi richiede di essere maneggiato con cura. Per questo i team nel corso del weekend di gara eseguono numerosi lavaggi dell’impianto e sostituiscono ogni volta il liquido prelevandolo dalla confezione sigillata, il cui contenuto non utilizzato viene gettato”.
Altri dettagli
Il volume di fluido nel sistema non è importante ai fini del raffreddamento, poiché l’olio è sostanzialmente fermo e la parte calda è quella che risiede nella pompa.
Tuttavia, poiché il fluido scaldandosi tende a dilatarsi occorre prevedere di ‘sfogare’ l’extra volume per evitare che questo spinga le pastiglie contro il disco.
“Per evitare questo fenomeno, diamo ai team un livello da rispettare scrupolosamente. Per evitare attrito inutile tra pastiglia e disco, è importante la geometria del labbro delle guarnizioni sui pistoncini, che deve essere conformata per favorire il roll-back e facilitare il ritorno a riposo dopo l’azionamento. Abbiamo anche un sistema anti-drag che aiuta ad arretrate le pastiglie per liberare il disco”.
Il disco è fissato al mozzo con otto trascinamenti in titanio che consentono un certo grado di scorrimento assiale (flottanza controllata) necessario per assicurare l’autocentraggio tra disco e pastiglie e a non fare arretrare troppo i pistoncini nella pinza (cosa che potrebbe dare al pilota la sgradevole sensazione di avere il freno ‘lungo’ alla prima pinzata).
“I freni posteriori sono meno importanti per la decelerazione. Forniamo dischi d’acciaio di diametro 218 mm o 300 mm, a seconda dell’esigenza del pilota, e due tipi di pinze, a due o quatto pistoni e, come le anteriori, monoblocco.
Marc Marquez, ad esempio, utilizza molto il freno posteriore per fare ‘girare’ la moto e per questo sulla sua e altre Honda è stato aggiunto un condotto che porta aria sulla pinza”, conclude l’ingegnere di Brembo.
Brembo anche per la Moto-E
Per la MotoE l’impianto frenate è decisamente meno sofisticato.
Le moto pesano circa 70 kg più delle MotoGP (e hanno la metà della potenza) e montano un impianto di serie, ovvero con attacco della pinza sui piedini con passo 100 mm anziché i 108 mm.
Questo non consente di utilizzare pastiglie grandi quanto la MotoGP.
I dischi sono quelli in acciaio utilizzati sulle Superbike, spessore 7,4 mm e diametro 320 mm.