
Campione Italiano assoluto di velocità nel 1963 e nel ‘64, fra le vittorie più prestigiose a livello mondiale Lorenzo Bandini annovera il GP d’Austria di Formula 1, la Targa Florio, la 24h di Le Mans e nel 1967, prima del fatale incidente a Montecarlo, la 24h di Daytona e la 1000 Km di Monza. Tutte al volante di una Ferrari.
Il 10 maggio 1967 era un mercoledì, un giorno di ordinaria routine nell’Italia in pieno boom economico e … di scuola per molti ragazzi delle medie, la maggior parte dei quali, oltre a cercare il modo di di essere promossi, sognava di fare il calciatore.
Uno di loro voleva invece fare il corridore automobilista e fantasticava di poter ripercorrere le gesta di un pilota in particolare, un giovane italiano che pochi giorni prima, precisamente il 25 aprile, da spettatore ai bordi della pista aveva visto vincere con autorevolezza la prestigiosa ‘1000 Chilometri di Monza’ al volante della Ferrari P4, una delle vetture da corsa più belle di tutti i tempi.
Quell’evento aveva reso euforico il ragazzo che vedeva in quel pilota una sorta di cavaliere medievale proiettato nei tempi moderni, un cavaliere che sfidava il pericolo con perizia e coraggio in pista (e di coraggio ce ne voleva davvero tanto per infilarsi in quegli abitacoli con attorno oltre 200 litri di benzina), ma che nelle interviste raccomandava di guidare con prudenza nel traffico di tutti i giorni.
Ma qualche giorno prima di quel mercoledì era accaduto qualcosa che aveva mandato in cortocircuito i pensieri e le passioni del nostro ragazzino.
Più precisamente, domenica 7 maggio, all’ottantunesimo giro del Gran Premio di Monaco di Formula 1, quello stesso pilota oggetto dell’immaginario di quel giovane, aveva urtato le barriere poste alla ‘chicane’ del toboga monegasco.
La Ferrari col n.18 sulle fiancate si ribaltò finendo la sua corsa contro un palo dell’illuminazione del lungomare di Montecarlo, prendendo fuoco.
Il pilota rimase fatalmente intrappolato nell’abitacolo in fiamme (nonostante in quegli anni non si usassero le cinture di sicurezza) per tre lunghissimi minuti prima che i commissari potessero estinguere le fiamme e con l’amico Giancarlo Baghetti riuscissero a estrarlo dalla sua monoposto.
Subì gravissime lesioni e molte ed estese ustioni. All’uscita delle lezioni di quel 10 maggio 1967, si venne a sapere che a causa delle gravi conseguenze, il pilota non ce l’aveva fatta: quel giovane studente scoppiò in un incontrollabile pianto fra l’infantile, l’isterico e il disperato.
Quel ragazzo ero io e il pilota era Lorenzo Bandini, uno che, come diceva mio padre, “si era fatto da solo” diventando un riferimento amato da molti italiani.
Nato nel 1934, aveva iniziato come semplice meccanico a 15 anni, e con passione e tanto lavoro era diventato, nel 1964, pilota ufficiale della Scuderia più famosa del mondo.
Al volante delle vetture del Cavallino Rampante aveva vinto le gare più prestigiose e rileggendo le cronache di quei giorni, sembrava uno dei candidati per vincere il titolo mondiale di Formula 1. Bandini se n’è andato quel 10 maggio 1967, un mercoledì, aveva 32 anni.
Non ha fatto in tempo a vincere il titolo mondiale, ma il suo esempio e la sua serietà sono sempre rimasti vivi per tutti coloro che, spinti dalla passione e lavorando con acribia, sanno che possono farcela. Grazie Lorenzo!
Nella foto (pubblicata per cortesia di Roberto Piccinini – ActualFoto) Lorenzo Bandini festeggia la vittoria di Lodovico Scarfiotti con la Ferrari 312 nel GP d’Italia del 1966.