Le batterie rappresentano uno dei maggiori nodi da sciogliere quando si parla di mobilità a zero emissioni. Nello specifico, uno dei problemi principali inerenti le batterie riguarda l’estrazione e l’approvvigionamento delle terre rare che sono utilizzate nelle celle agli ioni di litio. In questo senso, un ruolo sempre più centrale lo sta assumendo il cobalto, che insieme a Nichel e manganese risulta indispensabile, almeno con le tecnologie attualmente disponibili. In questo settore l’industria sta facendo progressi, trovando il modo di produrre batterie agli ioni di litio che hanno uno sfruttamento più efficiente delle risorse, ma il problema resta.
Sempre meno cobalto nelle batterie
In verità, rispetto alle batterie di tipo NCM 523 (in cui a 5 parti di Nichel corrispondono 2 parti di cobalto e 3 di manganese), ora sono state sviluppate le NCM 622 e anche NCM 811. Queste ultime, come si intuisce, riducono di molto le quantità utilizzate proprio di cobalto e manganese.
Eppure, con l’espansione della mobilità green, la richiesta di cobalto è cresciuta del 34% sono nell’ultimo anno. Con essa, anche il prezzo, che si aggira intorno ai 35.000 dollari a tonnellata. Per inciso, a farla da padrone, con il 78% della domanda totale, sono le grandi compagnie asiatiche: Panasonic, LG Chem, Samsung, BYD e la Catl, società che da sola produce il 28% delle batterie per auto.
A Tesla il cobalto non serve
Proprio Catl potrebbe aver trovato una soluzione al problema del cobalto. Il colosso cinese, infatti, ha appena stretto un accordo con Tesla per la fornitura di una batteria agli ioni di litio che, almeno nelle premesse, non userà affatto cobalto per la realizzazione degli elettrodi. Questa soluzione, oltre a rendere l’espansione più sostenibile, offre a Tesla l’ennesimo vantaggio competitivo. Basti pensare che proprio per la carenza di batterie Case come Jaguar, Mercedes, Toyota, Audi e Honda hanno dovuto ridurre o addirittura fermare la produzione delle proprie auto elettriche.