Secondo ANFIA (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica) “la nota stampa diffusa ieri dal CITE è ambigua, poco chiara e smentisce nel titolo
le volontà espresse da diversi membri del Governo sulla necessità di fare scelte ponderate per ottimizzare sforzi e obiettivi della transizione”.
Come si evince dall’ultima riunione, il CITE (Comitato Interministeriale per la Transizione Ecologica) ha infatti discusso delle tempistiche per la sostituzione dei motori a combustione interna prendendo atto che per “la maggior parte dei paesi avanzati il phase out delle automobili nuove con motore a combustione interna avverrà entro il 2035, mentre per i furgoni e i veicoli da trasporto commerciale leggeri entro il 2040”.
Una presa di posizione che, secondo ANFIA, “ha sorpreso e messo in serio allarme le aziende della filiera produttiva automotive italiana e, probabilmente, anche tutti gli imprenditori e le decine di migliaia di lavoratori che rischiano il posto a causa di un’accelerazione troppo spinta verso l’elettrificazione – non essendo coerente con le posizioni espresse, ancora poche ore prima, da autorevoli esponenti del Governo”.Â
“Solo qualche giorno fa”, prosegue la nota dell’ANFIA, “CLEPA, l’Associazione europea della componentistica, ha pubblicato uno studio in cui sono stati quantificati i danni, occupazionali ed economici, derivanti dalla possibile messa al bando dei motori a combustione interna al 2035 nei diversi Paesi manifatturieri a vocazione automotive, ed evidenziato che l’Italia rischia di perdere, al 2040, circa 73.000 posti di lavoro, di cui 67.000 già nel periodo 2025-2030. Siamo di fronte a perdite che le nuove professionalità legate all’elettrificazione dei veicoli non basteranno a compensare”.
E’ ormai noto che senza un piano realistico di conversione verso le energie rinnovabili ogni azione etichettata come ‘sostenibile’ perde gran parte della sua efficacia ed è altrettanto noto che il voler condurre una transizione senza considerare gli impatti sociali che essa può avere su un tessuto industriale consolidato può avere effetti altrettanto negativi.
“Se rispecchia realmente le posizioni del Governo italiano”, prosegue ANFIA, “il CITE non può non aver tenuto conto di questi impatti e, considerato il suo ruolo di organo di coordinamento delle politiche nazionali per la transizione ecologica, non può aver preso e comunicato alla stampa una decisione così forte senza aver contemporaneamente predisposto un ‘piano di politica industriale per la transizione del settore automotive’, operativo sin da oggi”.Â
“A nome di tutte le imprese della filiera degli imprenditori italiani e dei lavoratori del settore automotive”, conclude l’Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica, “auspichiamo un ripensamento, o comunque un chiarimento, su quanto espresso nella nota di ieri e, soprattutto, chiediamo al Governo italiano di fare quello che i governi degli altri Paesi hanno già fatto: dare delle certezze alla filiera e definire al più presto la road map italiana per la transizione produttiva e della mobilità sostenibile“.Â