Il modo più semplice ed efficace di ottenere deportanza su un veicolo è l’applicazione di un PROFILO ALARE: scopriamo come sono fatti e come funzionano.
L’ala è un elemento che può produrre elevate forze aerodinamiche, benefiche per l’handling del veicolo, offrendo al tempo stesso una bassissima resistenza all’avanzamento.
Una delle ragioni per le quali non sempre viene applicato nel campo automotive sta nel fatto che, essendo un oggetto a se stante e che necessita un collocamento separato dalla scocca della vettura, esso interrompe l’armonia delle forme dell’auto.
Risulta quindi problematica l’accettazione stilistica di un’auto ai quali sono applicati profili alari veri e propri, eccezion fatta per le auto supersportive o da competizione.
Soltanto recentemente sono state introdotti sistemi elettronici che permettono di estrarre l’ala solamente alle alte velocità, risolvendo, almeno in parte, il dilemma stilistico.
CARATTERISTICHE GEOMETRICHE DELL’ALA
In riferimento alla figura, che riporta le viste in pianta, in sezione e frontale di un’ala completa, si definiscono le seguenti denominazioni:
- semiala
- apertura alare
- superficie proiettata
- corda alare
- dorso (o estradosso)
- ventre (o intradosso)
- piano di sezione
Eseguendo una sezione trasversale dell’ala si ottiene il profilo alare.
Anche se i profili alari teorici possibili sono infiniti, quelli maggiormente studiati ed utilizzati sono caratterizzati da sigle univoche e sono ritrovabili nel testo di Abbott, Theory of Wing Section: si tratta di una trattazione molto valida che riporta un vero e proprio database di profili NACA (National Advisory Committee for Aeronautics). Questo catalogo è ancora oggi, a detta di molti addetti del settore, una preziosa risorsa che può essere applicata nel settore automotive, nonostante l’anzianità del testo (la prima edizione risale al 1949)
Un’ala può essere a profilo costante quando il profilo si mantiene identico in ogni sezione, oppure a profilo variabile quando a sezioni a differente distanza dal centro corrispondono profili diversi. Generalmente il profilo tende ad assottigliarsi mano a mano che ci si allontana dalla radice dell’ala.
In prima istanza, è possibile distinguere i profili in categorie, a seconda della curvatura che hanno il ventre e il dorso:
- concavo convesso: sia il dorso che il ventre hanno la parte centrale della curvatura più in alto rispetto ai punti di ingresso e di uscita (relativamente alla parte ‘piena’ dell’ala, quindi, l’estradosso appare convesso mentre l’intradosso appare concavo);
- piano convesso: il dorso è come nel caso precedente, mentre il ventre è piatto.
- biconvesso: dorso e ventre hanno curvature opposte. Se i profili, pur curvati in senso opposto, sono differenti, si parla di profili biconvessi asimmetrici, mentre, se hanno identica forma, si parla di profili simmetrici;
- laminare: è il profilo sottile e ‘rettangolare’ delle ali che hanno ventre e dosso quasi lineari e paralleli tra loro.
Bordo d’entrata e bordo di uscita
Il punto di entrata del flusso d’aria che investe l’ala è il punto più avanzato del profilo alare, il punto di uscita è invece quello più arretrato.
Considerando l’ala nel suo insieme (e non più soltanto il profilo alare), si definisce come bordo d’entrata o bordo d’attacco l’insieme dei punti di entrata, ovvero la linea anteriore dell’ala stessa, e come bordo d’uscita l’insieme dei punti di uscita, ovvero la linea posteriore dell’ala stessa.
Generalmente il bordo di entrata è arrotondato, mentre il bordo di uscita è appuntito. Il bordo d’entrata ha infatti il compito di separare il fluido investito in due porzioni, una superiore ed una inferiore. Su di esso si forma il punto di stagnazione, ovvero il punto nel quale il fluido si arresta.
Corda alare e angolo di attacco
La corda alare (detta anche corda del profilo) è il segmento che unisce il punto di entrata e il punto di uscita del profilo alare
L’angolo di attacco o angolo di incidenza è definito invece come l’angolo compreso tra la corda alare e la direzione del flusso che investe il profilo.
La corda alare può variare man mano che ci si avvicina alle estremità alari.
Ai fini di calcolo aerodinamico, si considera solitamente la corda alare media, vale a dire la lunghezza media di tutte le corde alari misurate nei diversi punti dell’ala.
Dorso e ventre
I bordi di entrata e di uscita separano la superficie superiore dell’ala da quella inferiore.
La differenza di pressione generata dalla differente lunghezza di dorso e ventre sta alla base del meccanismo che genera la deportanza per le auto, dove l’effetto ricercato è quello di avere una forza che spinge verso il terreno.
Scheletro del profilo e camber
Con ‘scheletro del profilo’ si indica la linea media che passa nei centri delle circonferenze inscritte nel profilo alare, delle diverse sezioni.
La campanatura o ‘camber’ dell’ala rappresenta la curvatura della linea media del profilo: si quantifica tramite il rapporto tra altezza massima del dorso sulla corda alare e la corda alare stessa.
Apertura alare e allungamento alare
L’apertura alare è la distanza esistente tra le due estremità alari.
Quando raffrontata con la corda alare media, l’apertura alare consente di calcolare l’allungamento alare [A] o aspect ratio:
Dove con b si è indicata l’apertura alare, con c la corda alare media e con S la superficie alare.
DEPORTANZA O DOWNFORCE
I profili alari utilizzati sulle automobili sono detti ‘rovesciati’, perché, al contrario di quelli aeronautici, hanno l’obiettivo di generare deportanza, cioè una forza risultante rivolta verso il basso.
L’effetto principale che un profilo rovesciato genera viaggiando in un fluido è che la parte di fluido che scorre al di sopra è più lenta di quella che scorre al di sotto. A causa di questa differenza di velocità, e riferendosi alla equazione di Bernoulli, la pressione statica sotto il profilo sarà minore di quella al di sopra. La forza risultante sarà quindi verso il basso e viene chiamata deportanza, o downforce.
Spesso però, anche nelle trattazioni di tipo automobilistico, si utilizza il termine lift, che indica al contrario la portanza, ovvero una forza diretta verso l’alto, eventualmente con il segno opposto per indicare la deportanza. Tale termine è stato introdotto in campo aeronautico, dove i profili sono creati appunto per generare portanza.
La portanza o lift [L] generata da un profilo alare (o da un corpo qualsiasi) è espressa in Newton ed è ricavabile tramite la seguente formula:
dove ρ è la densità del fluido che investe il profilo (l’aria ha una densità pari a 1,22 kg/m^3), A è la superficie investita dal fluido (o area frontale), V la velocità relativa tra il profilo e il flusso d’aria e Cl è il coefficiente di lift.
Per poter variare la deportanza di un profilo alare vi sono due principali possibilità: si può intervenire variando la convergenza del profilo (camber), oppure variando l’angolo di attacco (o angolo di incidenza).
Il camber può essere ad esempio modificato aggiungendo dei ‘flap’ che prolungano il bordo di uscita o il bordo di ingresso (chiamati in questo caso ‘slat’). Questo tipo di regolazione è utilizzata quasi esclusivamente sugli aerei e non sui veicoli.
Per quanto riguarda la variazione di angolo di incidenza (α), si osserva che la deportanza generata da un profilo è quasi direttamente proporzionale all’angolo di incidenza, con un coefficiente angolare di circa 2π, almeno fino a che si rimane nel campo in cui non si verificano distacchi di vena fluida (vedere la prima parte dell’articolo).
Il camber dell’ala invece non cambia il coefficiente angolare della curva (deportanza-incidenza) ma la trasla soltanto vesto l’alto; questo fa sì che anche con un angolo di attacco nullo, il profilo possa trasmettere una forza di lift.
Qualora vi sia un distacco della vena fluida, il coefficiente di lift decresce in modo più o meno rapido, mentre la resistenza offerta al moto (drag) aumenta in maniera consistente. Quando il distacco interessa gran parte della superficie alare si parla della condizione di stallo, nella quale si ha una completa perdita di deportanza o lift.
In pratica se l’ala è troppo inclinata, essa causerà solamente un’enorme forza resistente, senza generare deportanza.
DRAG E COEFFICIENTE CX
La resistenza o drag prodotta da un’ala è il risultato di tre tipi di resistenza: la resistenza viscosa, la resistenza di forma e la resistenza indotta. La prima resistenza è causata dell’attrito prodotto dalle forze viscose dello strato limite. Più spesso è lo strato limite e maggiormente il fluido sarà rallentato e quindi maggiore sarà il drag di tipo viscoso.
Uno strato limite laminare, essendo più sottile, produrrà meno drag rispetto ad uno strato limite turbolento: per cui superfici più lisce, ritardando la transizione lungo il profilo dell’ala da strato limite laminare a turbolento, permetteranno di ottenere minori drag.
Se vi è un distacco di vena si viene a creare invece una resistenza di forma o form drag, di intensità maggiore rispetto a quello causato dall’attrito e accompagnato dalla perdita di deportanza.
A bassi angoli di attacco lo strato limite è molto sottile e il drag è ridotto. All’aumentare dell’angolo lo strato limite diventa più spesso e il drag aumenta. Vicino alla massima deportanza possibile, normalmente si ha già una separazione della vena attorno al bordo di uscita e questo form drag fa aumentare in maniera considerevole il drag totale della sezione.
Trattando invece un’ala reale, avente lunghezza finita, essa è sono soggetta ad un terzo tipo di resistenza fluidodinamica, chiamata resistenza indotta.
A causa della differenza di pressione tra la superficie superiore e quella inferiore dell’ala il fluido tende a muoversi dal ventre al dorso, ovvero dall’alta pressione alla bassa pressione. Non potendo fare ciò aggirando il bordo d’attacco né quello d’uscita esso tenderà ad aggirare l’estremità dell’ala generando un flusso d’aria nel senso longitudinale rispetto all’asse dell’ala stessa, creando dei veri e propri vortici, che sono la causa della resistenza indotta.
Questo fenomeno era molto evidente qualche anno fa in Formula 1, quando si vedevano ad occhio nudo i vortici di aria che si generavano ai due lati dell’ala posteriore di quasi tutte le monoposto.
Per ridurre la formazione di vortici, e quindi la resistenza indotta, si utilizzano le paratie laterali, poste alle due estremità dell’ala.
Il drag prodotto da un profilo alare (o da un corpo qualsiasi) è espresso in Newton ed è misurabile tramite la semplice formula:
del tutto simile a quella della deportanza, con Cx (o Cd) che rappresenta il coefficiente di drag.
Il Cx è un coefficiente che tutti gli appassionati automobilisti conoscono, infatti è spesso utilizzato nelle schede tecniche per identificare la bontà aerodinamica di un’automobile, ma il lettore più attento si sarà accorto che in realtà sarebbe più corretto parlare del valore assoluto di drag, che rappresenta la reale forza resistente che si oppone al moto e che quindi influisce sui consumi di carburante.
Infatti, tornando all’equazione che identifica il drag, a parità di Cx, l’area frontale A (quella che si vede osservando un veicolo frontalmente) diventa una variabile fondamentale e quindi un veicolo più piccolo sarà comunque caratterizzato da un drag inferiore rispetto ad uno più grande o con un’altezza da terra maggiore.
MOMENTO
Un profilo che genera deportanza inevitabilmente tende a ruotare attorno ad un proprio asse trasversale, generando un momento che può essere calcolato a varie distanze dal bordo di attacco.
E’ possibile rappresentare la distribuzione di pressione con una singola forza F: il punto di applicazione di tale forza è chiamato centro di pressione e se si misura il momento relativo a questo punto, esso sarà pari a zero. Esso però si sposta al variare dell’angolo di attacco.
Il calcolo del momento generato dall’ala si effettua tramite la semplice equazione:
dove il termine ‘c’ aggiunto rappresenta la lunghezza della corda del profilo, mentre Cm è il coefficiente di momento.
RAPPORTO TRA LIFT E DRAG
Il rapporto tra lift e drag è detto efficienza, infatti mette in relazione l’effetto benefico prodotto dall’ala, la deportanza nel caso delle auto, con lo svantaggio che essa introduce, cioè la resistenza o drag.
Per ottenere un basso drag occorre mantenere uno strato limite laminare per una regione del profilo più larga possibile. Al contrario, per ottenere alti coefficienti di deportanza, occorre che la transizione da laminare a turbolento avvenga il più presto possibile, vicino quindi al bordo di attacco, evitando comunque il distacco di vena, che provoca lo stallo.
Per applicazioni ad alta deportanza occorre scegliere profili spessi con molto camber (quindi visibilmente molto curvi), il contrario invece per applicazioni a basso drag. Per applicazioni intermedie si cerca quindi un compromesso, che abbia la massima efficienza possibile.
Se durante l’applicazione dell’ala si prevede che l’angolo di incidenza possa variare in un range molto ampio (con regolazioni fisse, oppure con una regolazione in continuo da parte di un attuatore elettronico), allora è quindi necessario un bordo di attacco con un raggio elevato, molto arrotondato, per evitare che il punto scavalchi il bordo causando la separazione del flusso.
Se invece si prevede che l’angolo di incidenza dell’ala sia fisso, è possibile utilizzare un bordo sottile, che permetta di ottenere un miglior rapporto lift/drag.
PARATIE LATERALI
Come già accennato, senza l’utilizzo di paratie laterali, o ‘end plates’, la differenza di pressione dell’aria tra la superficie superiore e quella inferiore dell’ala spinge l’aria a migrare sulla superficie a bassa pressione, causando una perdita di deportanza nonché un aumento di drag.
L’installazione delle paratie aiuta a ridurre questo “spillamento” di aria e quindi a mantenere la differenza di pressione tra le due superfici.
Le paratie devono essere ragionevolmente ampie per poter ottenere dei buoni benefici anche se spesso vi sono dei limiti dettati dai regolamenti (ad esempio l’altezza massima del profilo alare posteriore) oppure limiti di tipo tecnico (come la vicinanza dal suolo dell’ala anteriore).
Sperimentalmente si è visto che si ottengono enormi benefici aumentando l’altezza delle paratie fino a h/b = 0,6 (dove ‘h’ è l’altezza della paratia e ‘b’è l’apertura alare), oltre tale rapporto i vantaggi non sono più così evidenti.
Spesso nei veicoli queste paratie costituiscono anche i supporti fisici dell’ala alla scocca.
FLAP DI GURNEY
Il flap di Gurney è l’appendice aerodinamica più diffusa, perché è tanto semplice nella sua realizzazione, quanto efficace.
Se opportunamente calibrato, a fronte di un piccolo aumento di resistenza (drag) è in grado di aumentare la deportanza dell’ala in modo considerevole.
E’ composto da una linguetta quasi perpendicolare alla superficie a cui è applicato, alta qualche millimetro (di solito circa 1÷2 % rispetto alla lunghezza della corda), installata lungo il bordo di uscita dell’ala.
Questo dispositivo fu reso celebre nel 1971 da Dan Gurney (famoso pilota di F1 e Formula Indy negli anni ’60, successivamente team manager e progettista di auto e moto fino ai primi anni 2000) anche se il primo brevetto fu depositato da E.F. Zaparka già nel 1931.
Funziona aggiungendo una componente verticale alla velocità del flusso sul bordo di uscita, generando un effetto simile a quello di aggiungere camber all’ala.
Inoltre, il flap di Gurney rallenta il flusso che transita sopra di esso, incrementando quindi la pressione statica sopra il profilo.
Gli studi CFD hanno rivelato la formazione di due vortici controrotanti che si subito dietro il flap: ciò causa un calo nella pressione totale che aiuta a mantenere il flusso attaccato alla superfici del profilo, consentendo di raggiungere maggiori angoli di attacco senza che si verifichi un distacco di vena fluida e quindi uno stallo.
ALI A PIÙ ELEMENTI
Se è richiesta un’elevata deportanza, è possibile utilizzare un’ala a più elementi, come avviene ad esempio in Formula 1.
La più semplice di questa tipologia è quella a due elementi, dove il profilo principale è affiancato da un altro elemento, chiamato ‘flap’, che si colloca appena al di sopra del bordo di uscita del profilo principale.
Se il flap è aggiunto nella posizione appropriata, esso aumenta la superficie alare dell’ala e la sua campanatura (o camber), facendo sì che ad un determinato angolo di attacco si abbia maggiore deportanza. Inoltre, l’interazione tra i due elementi porta ad un ulteriore contributo di deportanza, modificando il flusso d’aria che transita attraverso l’intera ala.
La lunghezza della corda del flap aggiunto è generalmente dell’ordine del 30% della corda dell’intera ala.
Il profilo del flap è nella maggior parte dei casi una versione in scala del profilo principale, anche se l’utilizzo di un profilo diverso non comporta alcun problema, mentre il suo spessore deve essere incrementato, in modo da garantire una buona rigidità quando esso è investito da elevati carichi aerodinamici.
Il parametro più importante per un’ala a più profili è la posizione relativa del flap aggiuntivo rispetto al profilo principale: in particolare i testi aeronautici segnalano l’importanza della conformazione del gap tra i due elementi, che deve essere a forma di convergente, in modo da richiamare aria dalla superficie ad alta pressione. Questo flusso si ritroverà ad accelerare nel convergente e a perdere pressione, aiutando il controllo dello strato limite e a ritardare la separazione del fluido, consentendo pertanto maggiori angoli di attacco prima che si verifichi lo stallo.
Ma vi sono molte altre interazioni tra il profilo principale ed il secondario, che necessitano però di uno studio con applicativi CFD per poter essere interpretate. La combinazione delle interazioni permettono di generare una più elevata differenza di pressione tra la superficie superiore ed inferiore garantendo maggiore deportanza e maggiori angoli di attacco.
Deportanze ancora più elevate sono ottenibili se un secondo flap è aggiunto al bordo di uscita, , con angoli di incidenza dell’ala complessiva (dal bordo di attacco dell’ala principale fino al bordo di uscita dell’ultimo flap) pari ad oltre 30 gradi.
I due flap aggiuntivi hanno di solito un profilo uguale, ma un angolo di incidenza molto più inclinato per l’ultimo flap, che può arrivare fino a 70 gradi.
Un’ultima considerazione riguarda l’elemento che può essere aggiunto davanti al bordo di attacco del profilo principale. Esso è chiamato ‘slat’. La sua funzione principale è quella di ridurre il rischio che avvenga un distacco della vena fluida al bordo di attacco agli elevati angoli di incidenza, che, come visto, comporta uno stallo immediato molto dannoso per la dinamica del veicolo al quale l’ala è applicata.
Tecnicamente esso aumenta la massa d’aria che scorre al di sotto del profilo principale, riducendo così la forte accelerazione che avrebbe il fluido aggirando il bordo di attacco.
Questo tipo di profilo è però poco diffuso in ambito automobilistico, in quanto è possibile ottenere un beneficio analogo, semplicemente con un’ottimizzazione opportuna della forma del profilo principale, ad esempio arrotondando maggiormente il bordo di attacco.
Fonti:
I.H. Abbott, Theory of Wing Section
Katz, Race Car Aerodynamics (Designing for Speed)
W.F. Milliken, D.L. Milliken, Race Car Vehicle Dynamics, SAE.
PARTE 1 (LA STORIA E I PRINCIPI DI BASE):
https://www.autotecnica.org/laerodinamica-dei-veicoli-parte-1/
PARTE 3 (SPOILER, SPLITTER, AERODINAMICA SOTTOSCOCCA…):
https://www.autotecnica.org/laerodinamica-dei-veicoli-parte-3/